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Psicoterapia individuale

psicoterapia-trova-psicoterapeuta-milanoAlcune volte le convinzioni che abbiamo su noi stessi, sugli altri o sul mondo possono essere disfunzionali, cioè possono distorcere la realtà delle cose, attivarsi in modo rigido indipendentemente dai contesti, generare pensieri automatici negativi che producono sofferenza.

 

 

 

 

 

 

Perchè intraprendere una psicoterapia?

Ciò che qualcuno è motivo di sofferenza, per qualcun altro può sembrare incomprensibile, ovvio o stupido, perchè non se ne comprende il meccanismo alla base.

Si sente spesso dire ad esempio: “È chiaro che il tuo amico non ha nulla di cui essere depresso. Perché non se ne rende conto da solo? Perché non puoi semplicemente dirglielo, dargli dei libri sulla depressione e su come superarla e fine del problema?”

Oppure: “È chiaro che quell’uomo timido, cauto e riservato è diventato così perché è cresciuto con quel genitore così intollerante e volubile. Chiunque ne conosca la famiglia può vederlo, ma adesso non ha più alcuna ragione per esserne impaurito. Se tutti riescono a rendersene conto, perché non può fare lo stesso anche lui e darsi una mossa, nella vita?”

E anche: “È chiaro che quell’arrogante so-tutto-io indispone proprio le persone che sta cercando d’impressionare. Perché non gli dite di calmarsi un po’, cosicché non finisca disoccupato, senza amici e isolato dal resto del mondo?”

La risposta è semplice: non possono.

Le nostre reazioni emotive e comportamentali sono determinate dal modo in cui interpretiamo le varie situazioni, quindi dal significato che diamo agli eventi ed è proprio per questo che l’amico depresso risulta essere come “bloccato” nella sua depressione, senza riuscire a trovare il modo per farvi fronte.

In alcuni casi, infatti, il pensiero distorto e disfunzionale può portare allo sviluppo di circoli viziosi che mantengono la sofferenza nel tempo.

Ad esempio, una persona con depressione può pensare di sé “Sono un fallito!” (pensiero) e provare uno stato di tristezza (emozione); a sua volta, la tristezza porta all’apatia e alla passività nel comportamento, che possono essere interpretate dal soggetto come un ulteriore prova del proprio fallimento personale, in altre parole la persona potrebbe pensare di sé “Sto qui senza fare niente, sono proprio un fallito!” (pensiero); tale interpretazione può generare altra tristezza (emozione) e così via.

Le emozioni negative intense (es. elevati livelli di tristezza, vergogna, colpa o ansia), inoltre, possono essere così dolorose e invalidanti da interferire con le capacità della persona di pensare chiaramente alla soluzione del problema. Possiamo considerare i disturbi emotivi, dunque, come il prodotto di circoli viziosi che mantengono i sintomi nel tempo.

Ovviamente per noi che vediamo queste situazioni dall’esterno e siamo liberi dai circoli viziosi che invece bloccano quella persona, il suo comportamento appare come incomprensibile. Per questo restiamo a bocca aperta se quell’uomo attraente, così pieno di talento e di successo, si lamenta che non ha nulla e che non vale nulla e che mai le cose cambieranno, quando a noi appare chiaro tutto il contrario.

È evidente che questi veri e propri autoinganni disfunzionali, che si esplicitano attraverso i circoli viziosi di cui sopra, non sono innescati di proposito dalla persona, ma in modo totalmente inconsapevole. È questa non-consapevolezza, la chiave per rispondere alla domanda: “Perché la psicoterapia?” rispetto ad altri tipi d’aiuto.

E’ a questo livello infatti che può essere utile lo psicoterapeuta, attraverso tecniche, competenze ed esperienza clinica acquisite nel tempo, per aiutare chi soffre di un disturbo a vedere oltre i suoi circoli viziosi e dunque, uscirne. Le tecniche e le modalità utilizzate dallo psicoterapeuta, così come i tempi della terapia, sono differenti in base all’orientamento psicoterapeutico scelto.

La psicoterapia cognitiva, ad esempio, interviene sui pensieri automatici negativi, sulle convinzioni intermedie e sugli schemi cognitivi disfunzionali al fine di regolare le emozioni dolorose, interrompere i circoli viziosi che mantengono la sofferenza nel tempo e creare le condizioni per la soluzione del problema.

Quanto dura la psicoterapia?

Si può pensare che recarsi dallo psicoterapeuta significhi prendersi un impegno che durerà anni e anni. Questo può scoraggiare chi avrebbe bisogno di una cura e magari farlo rinunciare per paura di non potersela permettere, sia in termini emotivi, che economici o di tempo.
In effetti, un tempo era così e i percorsi terapeutici duravano a lungo, con frequenza anche bi- o tri-settimanale.

Oggi esistono invece diverse possibilità e alcuni orientamenti, come quello cognitivo,  riescono a risolvere molti comuni problemi in un tempo relativamente breve, con una frequenza delle sedute settimanale o quindicinale.

Le relazioni interpersonali, anche quelle psicoterapeutiche, non seguono schemi prefissati. Il paziente e il terapeuta dovrebbero però sempre definire all’inizio della terapia, dopo 2 o 3 colloqui di inquadramento del problema, un tempo o numero di sedute entro il quale dovranno esserci stati dei miglioramenti o entro il quale comunque fare il punto della situazione, rivalutando il problema alla luce del percorso svolto fino a quel momento. Il paziente deve avere il tempo di rendersi conto di come ci si sente in una seduta e che questo tipo di conversazione è diverso da quelli che si possono avere in altri contesti.

È anche importante non ossessionarsi nel chiedersi se la terapia stia o meno funzionando, se ci piace davvero questo terapeuta, se è in grado di aiutarci davvero e così via. La psicoterapia, anche quella “breve”, non è immediata: non si tratta di assumere una pillola per il mal di testa che produrrà effetti visibili entro qualche minuto. Date tempo al tempo. Altrimenti sarebbe come andare in palestra per un paio di volte e controllare subito i muscoli, per vedere se sono già aumentati.

Cosa accade in psicoterapia?

La psicoterapia è qualcosa di accessibile, non è un metodo esoterico, mistico e indefinibile al quale è necessario convertirsi perché funzioni. È un processo logico, che chiunque è in grado di seguire.

Durante le sedute è importante che anche il paziente assuma un ruolo attivo.

La psicoterapia è un dialogo. Senza la vostra partecipazione attiva su ciò che viene discusso in seduta e nell’impegno a mettere in atto i compiti assegnati a casa, la terapia rischia di diventare uno sterile esercizio di pensiero, ovvero un’occasione per voi persa per far fronte al problema. Durante la terapia il terapeuta pone domande ed osservazioni volte a guidare il paziente alla scoperta delle sue convinzioni disfunzionali e a promuovere in lui un atteggiamento critico nei confronti di queste.

Al termine della seduta il terapeuta spiega i compiti a casa, che dovranno essere svolti entro la seduta successiva. I compiti a casa sono una parte importante della terapia. Attraverso di essi il terapeuta cerca di estendere le opportunità di regolazione cognitiva, emotiva e comportamentale a tutta la settimana. Non sempre i pazienti seguono alla lettera le prescrizioni eseguendo i compiti a casa. E’ scientificamente provato però che i pazienti che si adoperano nei compiti a casa presentano maggiori progressi rispetto a quelli che non lo fanno. Dunque è a vantaggio del paziente adoperarsi i tal senso.

Non tutti gli orientamenti psicoterapeutici prevedono uno scambio dialettico durante la terapia e/o l’assegnazione di compiti a casa.

 

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