“Aiuto, ho un attacco di panico!”: caratteristiche e cura del disturbo di panico

Dottoressa, mi è venuto un attacco di panico. All’improvviso, mentre mi trovavo in macchina, ho sentito il cuore battere sempre più in fretta, un groppo alla gola, la sensazione di soffocare e il bisogno di respirare più profondamente. Mi sentivo oppressa in macchina, anche dalle altre persone sedute accanto. Credevo di perdere il controllo, di svenirmi o impazzire. Mi tremavano le gambe e sudavo freddo. Mi sentivo imprigionata, dovevo uscire dalla macchina e così ho chiesto al mio amico alla guida di fermarsi. Sono scesa in fretta, ma sentivo le gambe deboli, ho ricominciato a respirare normalmente e dopo qualche decina di minuti, ho sentito una tremenda spossatezza. Mi sono fatta portare al pronto soccorso perché ho creduto di aver avuto un infarto, una congestione o forse un ictus.

Queste le sensazioni più comuni di chi per una volta almeno ha vissuto la terribile esperienza di un Attacco di Panico.

Il Manuale Diagnostico e Statisco dei Disturbi Mentali (DSM- IV- TR) descrive gli attacchi di panico come episodi di durata relativamente breve, in cui il paziente prova in modo molto intenso quattro o più dei seguenti tredici sintomi:

1) palpitazioni; 2) sudorazione; 3) tremori fini o grandi scosse; 4) dispnea o sensazione di soffocamento; 5) sensazione di asfissia; 6) dolore o fastidio al petto; 7) nausea o disturbi addominali; 8) sensazione di sbandamento, testa leggera o svenimento; 9) sensazione di irrealtà 10) paura di perdere il controllo o di impazzire; 11) paura di morire; 12) sensazioni di torpore o di formicolio; 13) brividi o vampate di calore.

Quando questi attacchi acuti e intensi si ripetono frequentemente, si può parlare di una condizione di Disturbo di Panico.

Gli attacchi di panico sono improvvisi e brevi, ma nonostante la loro brevità, l’intensità che li caratterizza può essere tale da condizionare chi ne soffre, fino a sviluppare una vita piena di limitazioni e una progressiva chiusura dal mondo esterno, come il non prendere più un autobus, una metropolitana o semplicemente, guidare un’auto, entrare in un supermercato o dal parrucchiere, in quanto, vivono la forte preoccupazione che nel caso di attacco di panico non possano fuggire velocemente da quel luogo senza farsi notare o senza poter ricevere adeguato aiuto. A volte diventa un problema anche restare a casa da soli, dove, in caso di attacco di panico non è possibile ricevere l’aiuto di un familiare.

In questi casi, anche se a volte, solo per poche crisi di panico, si innesca una patologia che rappresenta un vero e proprio circolo vizioso: l’ Agorafobia.

I comportamenti di evitamento (di situazioni o posti dove il soggetto crede che di poter avere un attacco di panico) che, inizialmente, sembrano delle strategie per non sviluppare un’ulteriore crisi, sono in realtà dei circoli viziosi che favoriscono il perdurare del malessere, in quanto, rendono le cose e le situazioni temute, quindi evitate,  sempre più spaventose ed insormontabili.

Una serie di preoccupazioni, ansie e timori per le tipiche mansioni quotidiane, sopraggiungono, e impediscono alla persona di condurre la normale vita di prima, e facilitano anche lo svilupparsi di profondi sentimenti di sconforto, perdita di fiducia e stima di sé, umiliazione, vergogna, e inevitabilmente anche la predita della normale funzionalità professionale e sociale.

Alcuni pazienti, a causa del Disturbo di Panico, si chiudono in casa , altri perdono il lavoro, gli affetti e le prospettive.

Non è possibile prevedere un attacco di panico, né tantomeno tracciare le motivazioni che lo fanno comparire nella vita di una persona. È estremamente sbagliato generalizzare, però si possono tracciare alcuni fattori scatenanti come: un evento di vita stressante, una perdita, una separazione, l’effetto secondario di una sostanza stupefacente o di un farmaco; e alcuni fattori predisponenti, come una grave esperienza di abbandono nell’infanzia e soprattutto, sempre nell’infanzia, la limitazione ai normali bisogni di autonomia e di esplorazione, che solitamente consentono al bambino di fortificarsi e di sviluppare un concetto di sé di “persona in grado di affrontare il mondo esterno”.

 

Cosa fare dunque per far fronte agli attacchi di panico?

Una serie di attacchi di panico non sono manifestazioni casuali, nascono sempre da un profondo disagio e conflitto prevalentemente inconscio, per cui curarlo richiede un intervento di una certa delicatezza e complessità.

Gli psicofarmaci come ansiolitici e antidepressivi possono essere dei validi aiuti alla cura dei sintomi prevalenti ma, una volta interrotti possono lasciare nuovamente il campo alle crisi, in quanto ogni psicofarmaco ha la possibilità della cura, ma non sempre della completa guarigione.

L’intervento psicoterapeutico è senz’altro un valido strumento di comprensione ed elaborazione del nodo esistenziale che ha portato allo scatenarsi del disturbo, quindi un ottimo aiuto alla guarigione.

L’intervento psicoterapico può essere eseguito su vari livelli, da quello più psicologico a quello più cognitivo e comportamentale.

Elemento cardine della terapia deve essere però la focalizzazione della persona nella modalità attraverso la quale egli si percepisce e si vive in relazione con gli altri e col mondo esterno.

Facilitare la consapevolezza di sé, integrare la propria persona di un maggiore senso di autonomia, sicurezza e stima, rendere la persona in grado di autoregolarsi in base ai propri bisogni ed esperienze, deve essere, per la soluzione del Disturbo di Panico, come per qualsiasi altro disagio, l’obiettivo di ogni percorso terapeutico.

 

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