Bullismo: le differenze di genere

bullismoLe manifestazioni di bullismo rappresentano solo l’aspetto, per così dire emergente, di una più ampia e complessa situazione di malessere evolutivo. L’essere bullo o vittima costituisce in altre parole l’espressione comportamentale di una crisi più profonda, meno acclarata ed in gran parte sommersa, ma non per questo meno sofferta, legata alla difficoltà di crescere armonicamente come individuo fra gli altri.

 Alessia Filippi, Il bullismo scolastico, 2007″

“Bullismo a scuola, 16enne gay si butta giù dalla finestra durante l’intervallo” (Corriere della sera, 30 maggio 2013), “Bullismo “rosa” sul treno, tre ragazze accusate di lesioni” (Repubblica, 29 novembre 2013), “Bullismo a scuola: Da 4 anni spengono sigarette sul corpo di mio figlio disabile”(Il Messaggero, 14 novembre 2013), “Firenze, a 10 anni “torturato” dai compagni-bulli” (Tgcom24, 9 giugno 2013). Questi sono solo alcuni esempi delle numerose notizie di violenza giovanile riportate dai quotidiani.

Secondo una ricerca effettuata dall’Asl, il bullismo a scuola colpisce un bambino su due nelle scuole elementari milanesi, uno su tre alle medie. Il bullismo è quindi un fenomeno molto diffuso, che va analizzato nella sua complessità, per poter fornire ai ragazzi strumenti adeguati per contrastarlo.

È molto importante concentrarsi sulle differenze di genere nel bullismo. Telegiornali e riviste tendono spesso a riportare soltanto gli episodi di bullismo fra ragazzi, diffondendo così nell’immaginario collettivo l’idea che questi comportamenti siano tipicamente maschili. Perfino i primi studi e le prime ricerche condotte sul bullismo tendevano a concentrare la propria attenzione sugli atteggiamenti dei ragazzi e ad attribuire, invece, alle ragazze il ruolo di semplici spettatrici.

La realtà dei fatti è invece un’altra: le ragazze sono capaci di episodi di violenza, solitamente più subdoli e, di conseguenza, più difficili da individuare. Quello della violenza tra ragazze può essere quindi definito un fenomeno sommerso, a cui spesso non viene dato il giusto peso. Bisogna però concentrarsi anche su questa tipologia di bullismo psicologico, per poter intervenire precocemente, giacché subire la violenza psicologica racchiusa nel bullismo femminile può avere conseguenze atroci.

Bullismo: verso una definizione

Il bullismo è un fenomeno complesso che non va considerato come un comportamento aggressivo occasionale ma come una specifica forma di comportamento aggressivo con caratteristiche che lo contraddistinguono.

Nella letteratura scientifica il bullismo viene definito da Olweus (Olweus, 1973,1991, cit. in Salmivalli,1998) come

un comportamento aggressivo ripetuto ed intenzionale attuato da un soggetto verso un altro, solitamente più debole (fisicamente o psicologicamente) con la finalità di infliggere sofferenza (fisica o psicologica) nella vittima.

La disuguaglianza di potere tra il bullo e la vittima è una delle ragioni per le quali un soggetto viene solitamente  scelto come vittima.

Il bullismo infatti non è considerato un comportamento aggressivo reattivo (quindi motivato da un comportamento provocatorio da parte delle vittima) ma,  come affermano Dodge e Coie (Dodge e Coie,1987, cit. in, Salmivalli, 1998),  può essere definito un comportamento proattivo, poiché la motivazione principale che porta il bullo ad attuare la violenza è la necessità di dominare l’altro per acquisire uno status nel gruppo dei pari.

Un ulteriore elemento che contraddistingue il bullismo è che esso si manifesta solitamente in un contesto specifico, quello del gruppo dei pari. Un esempio tipico di questo contesto è la classe scolastica che rappresenta un gruppo sociale relativamente duraturo nel tempo dove l’appartenenza al gruppo è involontaria. Il bullismo ha quindi una natura sociale e, data la relativa stabilità  del gruppo sociale “classe”, la vittima di atti di bullismo non ha molte possibilità di evitare il bullo che la tormenta.

Bullismo diretto vs bullismo indiretto

Come accennato precedentemente, esistono due forme differenti di bullismo: il bullismo diretto e il bullismo indiretto. Nel primo rientra la violenza fisica e verbale messa  in atto apertamente dal bullo verso la vittima, senza ricorrere a strategie. Il secondo si riferisce invece a diverse modalità di esclusione dal gruppo dei pari e isolamento sociale, oppure alla manipolazione sociale dove il bullo induce altri componenti del gruppo ad attaccare la vittima senza esserne apparentemente coinvolto in prima persona.

Differenze tra maschi e femmine

bullismo-ragazzeIl comportamento aggressivo è stato per lungo tempo considerato tipicamente maschile. Fino agli anni ’70 la maggior parte degli studi sul bullismo si sono concentrati sull’aggressività maschile ,mentre le femmine erano considerate poco aggressive o addirittura per niente aggressive. Da quando si è iniziato a studiare l’aggressività indiretta è emerso che anche le femmine sono aggressive, sembra infatti che le femmine utilizzino principalmente l’aggressività indiretta piuttosto che la violenza fisica. Le femmine sono quindi più soggette a ricevere e mettere in atto strategie di bullismo indiretto, come l’isolamento sociale, piuttosto che attaccare direttamente. Sono più propense a iniziare pettegolezzi sulle compagne di classe e ad escluderle dal gruppo, rispetto ai maschi che solitamente attaccano fisicamente, spingendo e picchiando.

La frequenza di maschi e femmine nei differenti ruoli di prevaricazione non è uguale. Solitamente sono le ragazze a difendere la vittima, mentre i ragazzi sono più propensi a prendere le parti del bullo, sostenendolo o aiutandolo (Salmivalli, 1998). Sembra quindi che i ragazzi siano più aggressivi delle ragazze, ma questo può essere dovuto al fatto che le ragazze utilizzano principalmente strategie di bullismo indiretto e quest’ultimo è molto difficile da rilevare.

Non è raro che le ragazze appartengano allo stesso gruppo di amici delle vittime, mentre tra i maschi ciò non accade molto spesso. Può darsi che, siccome la loro strategia di bullismo si manifesta in attacchi indiretti (spesso manipolando altri a schierarsi contro la vittima, comportandosi a volte come amiche), le vittime preferiscano aggrapparsi a questo gruppo amicale piuttosto che non avere amici. Le ragazze sarebbero quindi temute ed ammirate allo stesso tempo.

Il bullismo potrebbe quindi avere significati diversi nel mondo sociale maschile e in quello femminile. Si può ipotizzare che la modalità con cui le femmine agiscono nelle situazioni sociali e i ruoli che esse adottano siano regolate maggiormente dal contesto e dalla situazione che dalla loro personalità.

Conclusioni

La consapevolezza che le differenze di genere si manifestano nelle diverse strategie di bullismo sta aumentando. Ad ogni modo, appare ovvio che entrambi i sessi dovrebbero essere inclusi negli studi sul bullismo; le ragazze, pur essendo maggiormente prosociali dei i ragazzi e quindi associandosi più frequentemente con la vittima, mettono comunque in atto comportamenti di bullismo e non sono perciò escluse da questo fenomeno. Quindi, anche se le ragazze non sempre attuano abusi fisici, sono ugualmente pericolose.

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