Che si tratti di una cotta estiva, di una relazione appena iniziata o di un rapporto consolidato e duraturo, le persone tendono a parlare indistintamente di “amore”. Ma cos’è l’amore?
In molti tra filosofi, neurobiologi, sociologi, psicologi hanno provato a descrivere cosa avviene quando ci si innamora, di cosa si tratta. Io stessa, in questi ultimi periodi, mi sono ritrovata a sentirmi fare spesso questa domanda e dunque a riflettere profondamente su quale fosse per me la risposta. Proviamo a partire dall’aspetto più scientifico della questione.
La capacità umana di riconoscimento personale ha prodotto due attitudini specie-specifiche dell’essere umano: l’empatia e l’amore. Gli studi di Giacomo Rizzolatti sui “neuroni specchio” dimostrano che nell’uomo l’empatia è una capacità “specie-specifica” (cioè tipica della nostra specie) più sviluppata che in qualunque altra e che determina una maggiore attitudine all’amore.
Il nostro sistema nervoso centrale è un circuito a feedback che riceve stabilità ed è regolato da relazioni d’amore: in una relazione amorosa, attraverso lo scambio sincronico delle emozioni, ognuno regola la fisiologia dell’altro e modifica la struttura interna del sistema nervoso centrale. Il legame di coppia rimodella l’architettura del cervello: negli innamorati ad esempio, così come nelle donne in gravidanza, i neuroni diventano più grandi così da consentire una maggior comprensione degli stati emotivi dell’altro. Negli innamorati si attivano neuroni specchio di fronte alle emozioni del partner in aree del cervello simili a quelle in cui si attivano i neuroni delle madri di fronte alle emozioni dei figli. Dunque, siamo macchine perfette pensate per amare e avere relazioni sociali.
La chimica dell’amore: in quale fase ti trovi?
Per capire cosa accade, bisogna comprendere che quel che genericamente definiamo col termine di “amore” è in realtà il frutto di differenti fasi che un rapporto attraversa, prima di giungere a quello stadio, a partire dal corteggiamento. Gli studi neurofisiologici hanno confermato che nelle prime fasi del processo amoroso, nella fase del corteggiamento appunto, vi sono esperienze uniche riconducibili a particolari neurotrasmettitori.
Ecco dunque che mentre chiacchieriamo e sorridiamo durante il nostro primo incontro con il nostro corteggiatore, se lui ci piace, il nostro mesencefalo – l’area cerebrale che controlla i riflessi visivi e uditivi – inizia a rilasciare dopamina, un neurotrasmettitore che produce piacere ed euforia. E così, mentre iniziamo a sentire quella piacevole sensazione di appagamento, l’ipotalamo comanda al nostro corpo di inviare segnali di attrazione e di piacere.
E poi, dopo il primo incontro, che succede?
Col proseguire del rapporto il desiderio e l’eccitazione aumentano così come i livelli di dopamina. L’effetto è quello di voler passare più tempo possibile insieme alla persona, nella quale si cerca di individuare quelle caratteristiche che possono farla diventare “il partner della nostra vita”. Si sceglie qualcuno nel quale si individua la disponibilità a funzionare poi come colui che può proteggere, confortare, colui che può diventare un buon genitore per i nostri figli.
Se la persona è quella giusta, via via che il rapporto si approfondisce, incontro dopo incontro, si passa all’innamoramento. In questa fase si ha l’innalzamento dell’eccitazione mediato dall’aumento di altri due neurotrasmettitori legati alla dopamina, come la noradrenalina e la feniletilamina, che provocano insonnia, riduzione dell’appetito, quel senso di energia sconfinata che fa sentire invincibili. In questa fase emergono però progressivamente anche comportamenti che hanno un effetto calmante: si parla al proprio partner con il “baby-talk” dandosi nomignoli, ci si rapporta a lui con tenerezza e i comportamenti sembrano svolgersi all’unisono.
L’ipotalamo nel frattempo stimola la produzione di ossitocina, normalmente nota come “ormone dell’amore”. Avete presente quella meravigliosa sensazione che si prova quando si sente forte piacere nello stare con la persona amata? quella spinta incredibile a prenderci cura dell’altro? Ecco. Il suo agire infatti coinvolge tutte le funzioni proprie dell’amore: viene rilasciata durante l’orgasmo così come durante il parto e l’allattamento, facilitando la creazione ed il mantenimento di legami emozionali tra i partner e con la prole; la sua secrezione è stimolata meccanicamente da ogni stimolo attuato sugli organi sessuali e sul seno, ma anche dalla vista, la voce e persino il pensiero dell’oggetto di amore. L’ossitocina produce dunque un forte senso di gratificazione emotiva e piacere fisico, che stimola sentimenti di tenerezza e calore, favorendo il mantenimento del legame amoroso e l’accudimento.
Durante l’orgasmo non viene rilasciata solo ossitocina, ma anche vasopressina, ovvero un neurotrasmettitore che non dà solo una sensazione di calma e appagamento, ma è anche collegato alla memoria e dà il senso della “territorialità”. La gelosia che si prova nei confronti del partner infatti è dovuta a questi due ormoni e in particolare alla vasopressina, che spinge alla fedeltà e alla monogamia.
Entrambi gli ormoni vengono rilasciati in seguito all’attività sessuale che, non a caso, nelle prime fasi del rapporto, soprattutto in quella definita come “fase del corteggiamento e dell’innamoramento”, è molto frequente.
E dopo l’orgasmo? E’ a questo punto che c’è il rilascio di endorfine e si prova piacere a coccolarsi e a stare vicini. Accade così che il contatto fisico favorisce il legame sentimentale e viceversa, in una spirale virtuosa che rinsalda il legame stesso.
E’ in questa fase che si cerca di verificare fino a che punto quel partner sarà adeguato per noi e si porrà come il nostro “rifugio” in caso di bisogno: è in grado di supportarci se stiamo male? è in grado di capire le nostre necessità emotive? La maggior parte delle coppie sta insieme più per questa sensazione che i due partner si danno vicendevolmente che per altro, la sensazione di “esserci” in caso di necessità, di saper capire le emozioni dell’altro.
Dopo un periodo che oscilla dai 18 ai 30 mesi dall’inizio della relazione però, il cervello si è assuefatto alle fenilanfetamine e inizia a non reagire più come prima, iniziando a produrre endorfine dalle quali deriva una sorta di “condizionamento dal partner“: il partner è colui che toglie la tensione, che ci fa sentire tranquilli e ci fa sentire “al sicuro”. Ecco che possiamo dunque considerare finita la fase dell’innamoramento e iniziata la fase di amore vero e proprio.
L’innamoramento non è però solo un insieme di emozioni, di sensazioni, di percezioni, di impulsi come appare dagli studi neurofisiologici, ma un complesso processo in cui due individui entrano in relazione, si trasformano e creano una nuova società e un nuovo progetto di vita.
“Bisogna essere in due per ballare il tango”
In inglese si suole dire “It takes two to tango” per indicare che per far funzionare qualcosa entrambe le parti devono darsi da fare. Ma cosa devono fare esattamente?
Per rispondere a questa domanda ci viene in aiuto la psicologia attraverso la teoria elaborata da Robert Sternberg, che individua le possibili configurazioni dell’amore, definendo l’amore completo come il risultato di tre componenti che si collocano ai vertici di un ipotetico triangolo: intimità, passione e decisione/impegno.
La componente intimità si riferisce ai sentimenti di confidenza, affinità, condivisione: determina nella coppia la tendenza a prendersi cura dell’altro, ad aprire all’altro i propri sentimenti.
- Simpatia (solo intimità): vi è confidenza e senso di unione fra i partner ma senza le caratteristiche della passione e dell’impegno (paragonabile ad una vera e propria amicizia).
- Infatuazione (solo passione): si basa sull’idealizzazione dell’altro più che sulla sua reale conoscenza, finché si scontra con la realtà.
- Amore vuoto (solo decisione/impegno): è spesso di rapporti in cui i partner stanno insieme solo per tener fede ad un impegno preso, per motivi pratici, economici, per i figli o la difficoltà di affrontare una separazione.
- Amore romantico (intimità + passione): si tratta della forma tipica delle grandi storie d’amore letterarie e cinematografiche. Nella realtà, l’amore solo romantico è un amore immaturo.
- Amore – amicizia (intimità + decisione/impegno): è il caso di quei rapporti consolidati sotto il profilo dell’intimità, in cui la coppia funziona, ma la passione è lentamente sfumata (es. matrimoni bianchi).
- Amore fatuo (passione + decisione/impegno): l’Impegno è frutto solo della passione senza il sostegno dell’intimità e della conoscenza reciproca. Queste relazioni corrono il rischio di infrangersi appena si trovano a fare i conti con un impegno non sentito.
- Amore “perfetto” (intimità + passione + decisione/impegno): è l’amore completo che tutti sognano, difficile da raggiungere, ma non impossibile.
E per te cos’è l’amore?
Per approfondire il tema:
Vuoi lasciare un commento?
1 ping
[…] Cos’è, in realtà, l’amore? […]