Giornata mondiale dell'epatite: A, B e C… Vediamole meglio

Sono più di 170 milioni le persone nel mondo che convivono con l’epatite C cronica, virus che provoca malattie che uccidono ogni anno oltre 350mila persone, come la cirrosi o il cancro al fegato. Contro quella che ha tutta l’aria di essere un’emergenza, l’Oms ha deciso di istituire la Giornata Mondiale dell’Epatite che cade il 28 luglio. Secondo i dati dell’Oms – riporta il Corriere –  nel mondo si registrano 1,4 milioni di casi di epatite A l’anno e oltre 350 milioni di persone vivono con il virus dell’epatite B, mentre si stima che oltre sei milioni di individui si infettino ogni anno con il virus B o C.

Ma quali differenze esistono tra epatite A, B e C e quali sono i sintomi?

Il virus dell’epatite A (periodo medio di incubazione è intorno alle 4 settimane) – riporta Wikipedia – si trasmette quasi esclusivamente per via oro-fecale, mentre del tutto insolita ma possibile è la trasmissione percutanea così come quella sessuale.  Fattori di rischio per infezioni da HAV sono: il consumo di frutti di mare, l’abuso di alcolici, bere acqua contaminata o effettuare viaggi in aree dove l’epatite A è endemica. Durante l’incubazione e durante il primo manifestarsi della fase acuta, il paziente può aver contagiato coloro che hanno avuto contatti stretti con lui. Dopo la guarigione si ha un’immunità permanente dal virus HAV, quale sia stata la gravità della patologia. La malattia, che si sviluppa solo nella forma acuta e mai in quella cronica, si manifesta con i seguenti sintomi:

  • Periodo pre-itterico: astenia, malessere, perdita di appetito, nausea, vomito, febbre
  • Periodo itterico: urine scure, feci chiare, comparsa di ittero e prurito

Più critica, invece, l’epatite B che rappresenta la più grave forma di epatite, perché può causare l’insorgenza di una forma cronica. La trasmissione avviene di solito per contatto di un soggetto sano con il sangue o altri liquidi organici (come sperma o il secreto vaginale) di una persona infetta. Il virus HBV può essere trasmesso molto più facilmente di HIV, il virus dell’Aids (entrambi si diffondono mediante sangue infetto), in quanto HBV è molto più resistente di HIV nell’ambiente esterno.

Nei Paesi a più basso livello socio-economico le vie più comuni di trasmissione sono il passaggio del virus dalla madre al neonato durante il parto, il contatto durante l’infanzia con familiari infetti, l’inoculazione diretta del virus mediante l’uso di siringhe non adeguatamente sterilizzate, le trasfusioni di sangue e i rapporti sessuali con un partner infetto. Al contrario, nelle aree ad elevato livello di sviluppo socio-economico, le principali vie di trasmissione sono rappresentate dai contatti sessuali e dalla somministrazione di farmaci mediante iniezioni con siringhe.

Dopo la penetrazione di HBV nell’organismo passano in media 90 giorni prima della comparsa dei sintomi, e il virus può poi persistere nell’organismo per periodi variabili. L’infezione da HBV si manifesta con i seguenti sintomi: ittero, cioè ingiallimento diffuso della cute e degli occhi con eliminazione di urine scure (color marsala), grande stanchezza, nausea, vomito e dolori addominali. I sintomi possono scomparire dopo parecchi mesi o un anno, oppure la malattia acuta può diventare cronica, con le conseguenze a lungo termine di cui abbiamo già accennato. Va tuttavia tenuto presente che molti pazienti non avvertono alcun sintomo. La diagnosi è, oltre che clinica, virologica, basata cioè sulla verifica della presenza del virus nel sangue e sulla comparsa di anticorpi diretti. Tali anticorpi sono in grado di conferire la protezione o immunità nei confronti di successivi contatti con il virus, e sono quelli che vengono prodotti dalla vaccinazione anti-HBV.

Per quanto riguarda invece l’Epatite C – come riporta Wikipedia – una volta penetrato nel fegato, il virus HCV causa una epatite acuta che però, nella maggior parte dei casi, è asintomatica. Ciò fa sì che la malattia possa divenire cronica (nell’80% dei casi) senza che il paziente se ne accorga, né possa quindi curarla precocemente. Si stima che su 100 persone infettate dal virus HCV solamente il 15% non sviluppa alcuna patologia cronica liberandosi dal virus grazie al proprio sistema immunitario, il restante 85% sviluppa forme croniche della malattia con complicanze che nel 17% dei casi evolvono in cirrosi epatica, mentre nel 2% in carcinoma epatocellulare. Generalmente i danneggiamenti al fegato non si presentano se non dopo 10-30 anni dall’infezione. Altre patologie possono essere correlate alla presenza del virus C nell’organismo: ad esempio il distiroidismo, la crioglobulinemia mista e alcuni tipi di glomerulonefrite. Quando la malattia non si cronicizza, i sintomi che possono manifestarsi sono: affaticamento, perdita di appetito, nausea, debolezza, lievi dolori addominali. Il virus C si trasmette principalmente per via sessuale ma solo se durante l’atto vi è scambio di sangue; non sono infettanti né lo sperma né la saliva, né le secrezioni vaginali.

Altri fattori potenzialmente in grado di aumentare il rischio di infezione sono: la presenza di altre malattie sessualmente trasmissibili (herpes simplex, gonorrea, tricomoniasi), rapporti sessuali traumatizzanti (ad es. rapporti anali passivi) e mancato uso del preservativo.

Fonte: scienzaesalute

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