Nel secolo scorso, la concezione dominante dell’infanzia riteneva che i bambini fossero suggestionabili, incapaci di differenziare la fantasia dalla realtà e con una memoria molto imprecisa; pertanto, i racconti dei bambini non erano ritenuti credibili e la legge non li considerava testimoni attendibili. Questo stato di cose si protrasse fino agli anni ’70, quando, grazie all’influenza del movimento per la protezione dei bambini, le ricerche mostrarono risultati drammatici, i quali portarono a una crescita della sensibilità nei confronti dei minori.
È, però, solo una decina di anni dopo che gli studi scientifici danno nuova rilevanza alla memoria dei bambini, dimostrando che sono in grado di fornire un racconto verbale di ciò che è accaduto; riconoscer loro una tale competenza viene a costituire il primo passo per arrivare a considerare i bambini dei testimoni competenti e a considerare legittima la loro testimonianza (Gretti et al., 2003).
Di Blasio e Camisasca (1993) affermano che in primo luogo debba essere valutata la capacità testimoniale; a tal proposito Di Cori e Sabatello (2000) stabiliscono dei criteri di valutazione di tale capacità. Essi sono:
- Il bambino deve capire quanto gli viene detto e richiesto;
- Il bambino deve essere in grado di ricordare le informazioni collegandole ad altre;
- Il bambino deve saper esprimere tali informazioni in una visione complessa;
- Il bambino deve saper discernere tra bugia e verità.
La testimonianza del minore è un evento complesso, considerato che la questione diventa ancora più delicata nei casi di un sospetto abuso sessuale poiché da un lato, gran parte della presenza dei bambini in aula di Tribunale è dovuta a questo tipo di crimine, e dall’altro perché il bambino, oltre che vittima, è spesso l’unico testimone oculare disponibile. Gli studi condotti nell’ambito della testimonianza infantile han dato luogo ad accesi dibattiti tra coloro che credono che i bambini non siano in grado di fornire resoconti accurati di eventi osservati e coloro che hanno, invece, constatato come il ricordo sia sostanzialmente preciso anche in bambini molto piccoli di 4-5 anni (Flin&Spencer, 1995).
In effetti, dalla ricerca risulta confermato che i loro resoconti verbali sono brevi, ma molto accurati e che, molto spesso, tale effetto sia connesso al livello di coinvolgimento del bambino nell’evento stesso; il ricordo, infatti, è migliore se un evento è vissuto direttamente dal soggetto e se il bambino è attivamente coinvolto nella situazione.
La testimonianza del minore, dal punto di vista del diritto, ha lo stesso valore di quella di un adulto, anche se nella pratica pone tutta una serie di problematiche dovute all’età, all’interferenza di fenomeni oggettivi, soggettivi, volontari e involontari, all’incapacità o inadeguatezza dei soggetto di riferire i fatti o alla stanchezza, stress o ai fenomeni inconsci di rimozione (Cataldo Neuburger, 2000). Pertanto, in linea generale, diventa di fondamentale importanza, prima di raccogliere la testimonianza del minore, raccogliere quante più informazioni possibili relative al suo sviluppo linguistico, cognitivo e comunicativo, nonché ai suo grado di maturità sociale, fisica e sessuale.
In conclusione, dalla maggior parte dei lavori, riguardanti l’adeguatezza delle competenze cognitive di minori nel campo della testimonianza, emerge che i bambini sono testimoni notevolmente migliori rispetto a quanto si riteneva tradizionalmente: questo perché, in genere, la capacità di osservazione, percezione e memoria non sono dissimili da quelle degli adulti e, inoltre, nei bambini più piccoli, gli schemi preformati e i pregiudizi non sono ancora tanti (e tanto pervasivi) da inficiare la correttezza del ricordo (Rotriquenz&Mazzoni, 2007).
Pertanto, il nostro sistema giudiziario non pone preclusioni esplicite alla capacità di fornire disposizioni, riferite all’età del testimone (art. 196 c.p.p.) e nel corso degli anni la Cassazione si è così pronunciata:
Le testimonianze dei minori sono fonte legittima di prova: perciò l’affermazione di responsabilità dell’imputato può essere fondata anche sulle dichiarazioni dei minori, specie se queste siano avvalorate da circostanza tali da farle apparire meritevoli di fede.
Scritto dalla dott.ssa Elena Parise, psicologa
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