Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività

iperattivitàIl Disturbo da deficit di attenzione/iperattività, o ADHD, è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo. Esso include difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività generale.

Tutto ciò deriva sostanzialmente dall’incapacità del bambino di regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente.

E’ bene precisare che l’ADHD non è una normale fase di crescita che ogni bambino deve superare, non è nemmeno il risultato di una disciplina educativa inefficace, e tanto meno non è un problema dovuto alla “cattiveria” del bambino.

L’ADHD rappresenta un ostacolo nel conseguimento degli obiettivi personali, è un problema che genera sconforto e stress non solo nel bambino, ma anche nei genitori e negli insegnanti i quali si trovano impreparati nella gestione del comportamento del bambino.

Quali sono i sintomi del Disturbo da deficit di attenzione/iperattività?

Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM IV-TR, 2005) dell’American Psychiatric Association per poter porre diagnosi di ADHD, un bambino deve presentare almeno 6 sintomi per un minimo di sei mesi e in almeno due contesti; inoltre, è necessario che tali manifestazioni siano presenti prima dei 7 anni di età e soprattutto che compromettano il rendimento scolastico e/o sociale.

Nello specifico i sintomi presentati dal DSM-IV sono:

A. Entrambi (1) o (2)

(1) Sei (o più) dei seguenti sintomi di Disattenzione che persistano per almeno 6 mesi con un’intensità che provoca disadattamento e che contrasta con il livello di sviluppo:

Disattenzione

(a) spesso fallisce nel prestare attenzione ai dettagli o compie errori di disattenzione nei compiti a scuola e nei giochi;

(b) spesso ha difficoltà nel sostenere l’attenzione nei compiti o in attività di gioco;

(c) spesso sembra non ascoltare quando gli si parla direttamente;

(d) spesso non segue completamente le istruzioni e incontra difficoltà nel terminare i compiti di scuola (non dovute a comportamento oppositivo o a difficoltà di comprensione);

(e) spesso ha difficoltà ad organizzarsi nei compiti o nei giochi;

(f) spesso evita o è riluttante ad impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale sostenuto (es. compiti a casa o a scuola);

(g) spesso perde materiale necessario per compiti o altre attività (es. giocattoli, compiti assegnati, matite, libri, ecc.);

(h) spesso è facilmente distratto da stimoli esterni;

(i) spesso è sbadato nelle attività quotidiane.

(2) Sei (o più) dei seguenti sintomi di Iperattività-Impulsività che persistono per almeno 6 mesi ad un grado che sia disadattivo e inappropriato secondo il livello di sviluppo:

Iperattività

(a) spesso muove le mani o i piedi o si agita nella seggiola;

(b) spesso si alza in classe o in altre situazioni dove ci si aspetta che rimanga seduto;

(c) spesso corre in giro o si arrampica eccessivamente in situazioni in cui non
è appropriato;

(d) spesso ha difficoltà a giocare o ad impegnarsi in attività tranquille in modo quieto;

(e) è continuamente “sotto pressione” o agisce come se fosse “motorizzato”;

(f) spesso parla eccessivamente;

Impulsività

(g) spesso “spara” delle risposte prima che venga completata la domanda;

(h) spesso ha difficoltà ad aspettare il proprio turno;

(i) spesso interrompe o si comporta in modo invadente verso gli altri (es. irrompe nei giochi o nelle conversazioni degli altri).

B. I sintomi iperattivi, impulsivi e di disattenzione che causano le difficoltà sono presenti da prima dei 7 anni di età.

C. I problemi causati dai sintomi si manifestano in almeno due contesti (a scuola e a casa).

D. Significativa compromissione nel funzionamento sociale, scolastico o lavorativo.

Un modello interpretativo: la Teoria del deficit di autoregolazione

All’interno della teoria del deficit di autoregolazione, l’ipotesi è che i bambini con ADHD avrebbero un più basso livello di arousal (attivazione) rispetto agli altri bambini.

L’iperattività sarebbe quindi una risposta dell’organismo alla ricerca di stimolazioni per compensare la propria sottoattivazione.

Ugualmente l’impulsività e la disattenzione sarebbero manifestazioni della ridotta capacità di gestire le proprie risorse cognitive a causa di una sorta di deficit energetico. Infatti il bambino con ADHD non solo non riesce a regolare la propria attenzione e concentrazione, ma nemmeno il proprio comportamento sociale e le  proprie reazioni emotive. Ciò provoca un basso livello di autostima e difficoltà emotive portando così inevitabilmente a un circolo vizioso disfunzionale.

Quali possono essere i fattori di rischio?

I fattori di rischio che favoriscono l’evoluzione verso disturbi psicopatologici in età evolutiva possono essere diversi (Greenberg, 1999):

  • caratteristiche interne al bambino (vulnerabilità biologica, funzioni metacognitive, temperamento);
  • qualità delle relazioni primarie di attaccamento;
  • stile educativo genitoriale;
  • ecologia familiare (eventi critici, stress e traumi della vita familiare, rete sociale).

Come sempre accade, i fattori di rischio non sono sufficienti a innescare un comportamento problematico, ma devono essere presenti anche dei “fattori precipitanti”, la classica “goccia che fa traboccare il vaso”.

Un fattore precipitante può essere costituito da una qualsiasi situazione fortemente stressante che, in presenza di fattori di rischio, innesca il processo e porta al problema.

Disturbi associati 

I bambini con ADHD sono maggiormente a rischio per altre problematiche psicologiche. Circa il 44% di essi presenta almeno un altro disturbo, il 32% ne presenta altri due e l’11% altri tre (Szatmari, Offord & Boyle, 1989).

In particolare il quadro della compresenza con altri disturbi è il seguente:

  • tra il 20% e il 56% presentano anche un Disturbo della Condotta,
  • circa il 35% manifestano anche un Disturbo Oppositivo/Provocatorio,
  • il 25% soffre anche di Disturbi dell’Umore,
  • un altro 25% ha Disturbi d’Ansia.

Come intervenire?

Secondo i dati della letteratura scientifica il trattamento ideale per l’ADHD è di tipo multimodale, ovvero intervenire esclusivamente sul bambino non è sufficiente. Occorre operare su più strade in un ottica ecosistemica composta da: bambino,famiglia, scuola,contesto sociale.

La terapia cognitivo-comportamentale è la terapia elettiva per questo tipo di disturbo.

L’intervento è sempre svolto tenendo conto del contesto di vita del bambino e delle reciproche influenze tra lo stesso, la famiglia, la scuola e il gruppo dei pari.

Soprattutto con soggetti in giovane età, l’intervento è rivolto soprattutto ai genitori e insegnanti per trasferire loro le abilità educative più funzionali e le modalità di gestione del problema del bambino.

 E’ importante ricordare che il comportamento può essere sbagliato, non il bambino, né il sentimento che prova!

Per approfondire:

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