Nelle scorse settimane è nato negli Stati Uniti il mestiere del coccolatore, un servizio che ha lo scopo di diffondere la pratica del contatto terapeutico, ovvero una pratica clinica, non a sfondo erotico, ideata e messa in pratica da Travis Sigley, psicologo, e dalla sua collega Dana Garrison. Hanno ideato questo innovativo servizio terapeutico fondato sulle coccole all’interno di un più ampio progetto educativo offerto a chi stia vivendo una fase critica, un bisogno di trasformazione nella propria vita, per quello che attiene alla salute, al lavoro, alle relazioni con gli altri o in qualunque campo in cui il contatto gioca un ruolo fondamentale.
Ma, perché fare le coccole? Che utilità può avere questo servizio?
L’idea dello psicologo americano, come lui stesso ha spiegato, si fonda sulla consapevolezza che attraverso il contatto fisico sia possibile superare l’ansia e la paura che accompagnano le persone in momenti di grandi incertezze e cambiamenti.
Il calore che deriva dalla frizione delle mani dell’altro sulla nostra pelle è, non soltanto un potente veicolo di rilassamento, ma una risposta al freddo della solitudine e del disagio, molto frequentemente sperimentati al giorno d’oggi. Lo sa bene Travis Sigley che presto partirà per il suo “coccole tour” con l’obiettivo di sensibilizzare più gente possibile all’importanza del contatto e dell’esperienza positiva che ne possiamo trarre.
Vediamo, allora, più nello specifico, quali risvolti psicologi questa pratica possa avere e dove affondi le proprie fondamenta. Il contatto corporeo per un essere umano è un’esperienza significativa che avviene già durante la vita fetale e durante il parto.
E’ facile immaginare quale esperienza di contatto e fusione viva il feto durante la sua vita intrauterina, un po’ meno evidente è forse il ruolo delle contrazioni uterine che invece sono importantissime, in quanto forniscono al feto quella dose di “energia” iniziale per entrare nel mondo come soggetto attivo e dare inizio alle più importanti funzioni fisiologiche del periodo post-natale. Infatti, in occasione di travagli brevi, parto cesareo o nascite premature aumenta la probabilità di incorrere in disfunzioni gastrointestinali, genito-urinarie e respiratorie che però sono facilmente curabili attraverso il canale naturale più potente di cui disponiamo: la nostra pelle.
Pertanto, il contatto con l’altro assume particolare rilevanza e deve essere stimolato e perseguito attivamente all’inizio della esperienza post-natale ma anche durante l’infanzia e lungo tutto l’arco di vita di una persona. Le carezze e le affettuosità concrete sono indispensabili all’epidermide tanto quanto il cibo lo è per i nostri bisogni alimentari, si rivelano indispensabili per lo sviluppo della sicurezza di sé, la pelle è un vero e proprio fattore di organizzazione dell’identità.
E quando si diventa adulti?
Mentre nei bambini il bisogno di carezze e affettività è più evidente e palesemente manifestato e richiesto, ciò accade molto più raramente nella vita adulta quando la parte razionale di noi stessi prende il sopravvento categorizzando come meno importanti le manifestazioni affettive e le informazioni che da esse ricaviamo.
L’influsso della cultura odierna ci porta a sentirci sempre più autonomi, a porre delle resistenze quando dobbiamo esprimere all’altro la nostra non autosufficienza. Chiedere all’altro è diventato, spesso, molto difficile e un atto di coraggio perché implica avere l’umiltà di ammettere di non poter arrivare a tutto. Inoltre, mettersi in relazione con l’altro presuppone, allo stesso tempo, essere attenti all’altro, rispettosi delle sue esigenze, dei suoi tempi e modalità di risposta.
È un paradosso dell’esistenza umana il fatto che l’uomo debba simultaneamente cercare l’unione e l’indipendenza
(E. Fromm, 1947, tr. it. 1971, p. 79).
Nonostante le difficoltà a vivere l’affettuosità che spesso si riscontrano in età adulta, il nostro cervello conserva la memoria delle primissime esperienze affettive e ne custodisce tutto il loro potente significato, per questo è importante il contatto caloroso con l’altro a qualsiasi età, specie quando ci si trova in deficit di certezze o in uno stato di difficoltà.
Il primo contatto corporeo con l’altro: la relazione con i genitori
Alla pelle viene attribuita in modo preponderante una funzione protettiva dell’organismo ma essa è soprattutto capace di percepire, non solo la qualità degli oggetti ma in special modo le vibrazioni e i vissuti emotivi.
Emerge, quindi, con evidenza l’importanza del contatto con l’altro e prima di tutto con i genitori. Attraverso il contatto, i figli percepiscono la loro importanza per i genitori, percepiscono la cura e l’attenzione che questi rivolgono loro.
La pelle nell’esperienza di contatto, e ancor più nel massaggio ritmico, riattiva quelle sensazioni positive di protezione, di sicurezza che aveva sperimentato nella pancia della madre durante la gravidanza. Il massaggio, infatti, è un vero e proprio messaggio di affetto, di interesse, di cura.
Conosciamo tutti bene l’effetto spiacevole che scaturisce in noi un tocco indeciso, una stretta di mano moscia, titubante e quanto, invece, possa essere piacevole e rassicurante una presa decisa ma allo stesso tempo dolce. L’importanza del contatto che ci confermi nel nostro valore e della nostra unicità è evidente fra i componenti di una famiglia ma vale anche in tutte quelle relazioni, anche terapeutiche, in cui è possibile, e auspicabile, il contatto con l’altro.
Per approfondire il tema
Vuoi lasciare un commento?