Modificare in tempo lo stile di vita delle persone di mezza età può prevenire la prematura comparsa di problemi cognitivi che si fanno sentire già dopo soli 10 anni di “cattive abitudini”. Lo afferma uno studio comparso questo mese su Neurology, la rivista della American Academy of Neorology, che ha trovato un collegamento tra la perdita di volume del cervello, la comparsa di lesioni a livello vascolare, che influenzano la capacità di pianificare e prendere decisioni, e alcune abitudini e sintomi come il fumo, la pressione alta, il diabete e il sovrappeso.
Charles De Carli, dell’Università della California a Sacramento, autore dello studio, spiega: “I nostri risultati forniscono la prova che identificare presto questi fattori di rischio in persone di mezza età può essere utile per uno screening dei soggetti a rischio demenza e per incoraggiarle ad applicare dei cambiamenti al loro stile di vita prima che sia tardi”.
Lo studio ha coinvolto più di 1.300 persone, senza segni di demenza, con un’età media di 54 anni, alle quali sono stati misurati la circonferenza della vita, l’indice di massa corporea, la pressione sanguigna. Inoltre sui partecipanti sono stati eseguiti esami sul colesterolo e il diabete. Nel corso di un decennio sono stati anche sottoposti a tomografie a risonanza magnetica al cervello, a partire da 7 anni dopo la prima valutazione di rischio.
Si è visto che le persone con pressione alta sviluppavano un’iperintensità della sostanza bianca (le fibre nervose che collegano il cervello al midollo spinale) o piccole lesioni vascolari più velocemente rispetto a coloro che avevano valori di pressione normali, con un peggioramento più rapido nelle performance in test funzionali, di pianificazione o in cui veniva richiesto di prendere decisioni. Il peggioramento di queste funzioni era paragonabile a quello che si registra in persone tra i 5 e gli 8 anni più anziane rispetto all’età dei partecipanti.
In coloro che soffrivano di diabete, invece, si è registrata una perdita di volume nell’ippocampo, centrale per la memoria, assai più rapida rispetto ai soggetti “sani”. Lo stesso è emerso per i fumatori rispetto ai non fumatori. Per quanto riguarda il sovrappeso, le persone di mezza età obese avevano più probabilità di essere nel 25 per cento di coloro che subivano un più rapido declino cognitivo (valutato con appositi test sulle funzioni esecutive di pianificazione, coordinazione, controllo).
Che consiglio dare a coloro che, per le loro cattive abitudini, la dieta sbagliata e i disturbi collegati, si ritrovano a 50 anni ad avere un prematuro calo delle funzioni cognitive? Fate sport. Gli effetti beneficidell’attività fisica sulla salute del cervello sono stati appena confermati da un articolo apparso sul Journal of applied physiology che ha passato in rassegna oltre 100 studi recenti svolti sugli animali e sull’uomo.
I programmi che incoraggiano le persone a fare esercizio sembrano avere l’effetto di migliorare in chi vi partecipa la memoria, l’attenzione e la capacità di prendere decisioni. Questi effetti sono validi non solo per gli adulti ma anche per bambini e anziani e diversi studi dimostrano che l’attività aerobica in particolare migliora il multi-tasking (la capacità di fare più cose allo stesso tempo), la pianificazione e aumenta il volume delle strutture cerebrali che sono cruciali per la memoria. Insomma sembra proprio che ci troviamo di fronte agli effetti esattamente opposti a quelli registrati su diabetici, obesi e fumatori nella ricerca precedente.
Quanto ai meccanismi grazie ai quali l’attività fisica riesce a portare benefici al cervello, siamo ancora a livello di ipotesi. La ginnastica sembra in grado di modificare la struttura del cervello, favorendo la crescita di nuove cellule nervose e vasi sanguigni. Aumenta anche la produzione di sostanze chimiche, come i fattori di crescita che promuovono anche la differenziazione e la sopravvivenza dei neuroni. Resta da appurare se tipi di esercizio diversi abbiano sul cervello effetti diversi.
Fonte: panorama.it
Vuoi lasciare un commento?