Lo facciamo automaticamente. Non appena osserviamo un’altra persona tentiamo di leggere nel suo volto i segni della gioia, della sorpresa, dell’ansia, della rabbia.
Qualche volta riusciamo ad individuarle correttamente, qualche altra volta no e gli errori possono creare talvolta qualche situazione personale sgradevole.
Paul Ekman, professore emerito di psicologia all’Università della California di San Francisco ha studiato per 40 anni le espressioni umane, catalogando più di 10.000 possibili combinazioni di movimenti muscolari facciali e ha scoperto come individuare i rapidi cambiamenti involontari, chiamati microespressioni, che sfuggono anche al volto del migliore dei bugiardi. Altro che “Lie to me“!
Una delle scoperte più importanti di Ekman fu l’universalità delle espressioni facciali. Si recò per la prima volta in Brasile tornando con moltissime fotografie che ritraevano espressioni di tristezza, rabbia, felicità o disgusto verificando che soggetti nord americani, dunque appartenenti a cultura differente, non avevano assolutamente alcuna difficoltà a riconoscerle. Allora, non contento, si recò in Cile, Argentina e Giappone, ottenendo gli stessi risultati. Ovunque andasse le persone del posto sembravano comprendere e usare le stesse espressioni facciali dei nordamericani.
Pensando che questa “condivisione” di competenze nel riconoscere le emozioni fosse appannaggio solo del mondo civilizzato, Ekman visitò nel 1967 delle isolate tribù che vivevano nelle giungle della Nuova Guinea. Anche lì appurò che le emozioni di base, come gioia, tristezza, rabbia, paura, sorpresa e disgusto, erano associate a espressioni facciali universali. Il linguaggio del volto aveva origini biologiche e la cultura non esercitava significativa influenza su di esso.
Ma non sempre le espressioni che vediamo espresse sul volto degli altri sono frutto di genuine emozioni. Capita spesso anche a noi infatti di esprimere sorrisi “di circostanza”, di fronte al capo, alla suocera o magari ad un collega noioso, simulando un’emozione di gioia che in realtà non riflette affatto quel che stiamo realmente provando.
Voi sapreste riconoscere un sorriso genuino da uno falso?
Sul sito della BBC è stato realizzato un test con la consulenza proprio di Paul Ekman, per mettere alla prova gli spettatori nella loro capacità di riconoscere un’espressione fasulla rispetto ad una genuina.
Volete mettervi alla prova?Qui trovate il test. E’ molto semplice e dura pochi minuti: bisogna osservare 20 piccoli video di persone che sorridono e decidere se il sorriso osservato è genuino o simulato.
Alla fine del test vi viene restituito il risultato quantitativo (io ne ho indovinati 18 su 20) e l’indicazione dettagliata di quali avete indovinato e quali no, con la possibilità se volete di rivederli e comprendere quali vi hanno ingannato sapientemente in un senso o nell’altro.
Se avete intenzione di effettuare il test, vi consigliamo di fermarvi temporaneamente qui nella lettura e riprenderla solo a test ultimato, così da non rovinarvi la sorpresa!
La maggior parte delle persone riesce con molta difficoltà ad individuare falsi sorrisi e a distinguerli da sorrisi genuini e autentici.
Perchè?
Le persone si concentrano spesso su dettagli più facilmente simulabili dell’espressione di gioia, rispetto ad altri che ne mostrano in modo più marcato la falsità. Infatti, anche se i falsi sorrisi spesso sono molto simili a sorrisi genuini, in realtà le espressioni sono leggermente diverse, perché sono supportate da muscoli diversi, che sono a loro volta controllati da diverse parti del cervello.
I finti sorrisi possono essere eseguiti volontariamente, perché i segnali cerebrali che li creano provengono dalla parte cosciente del cervello e spingono i muscoli zigomatici maggiori delle guance a contrarsi. Questi sono i muscoli che tirano gli angoli della bocca verso l’esterno. I sorrisi genuini invece, sono generati dal cervello inconscio e dunque sono automatici. Quando le persone provano piacere, i segnali passano attraverso la parte del cervello che elabora le emozioni. Così, come i muscoli della bocca si muovono, i muscoli che sollevano le guance (il oculi orbicularis e il pars orbitalis) si contraggono anch’essi, creando pieghe accanto agli occhi e facendo abbassare leggermente le sopracciglia.
Le linee intorno agli occhi talvolta appaiono anche in intensi falsi sorrisi e le guance possono sollevarsi, facendo apparire come se gli occhi si contraessero e il sorriso fosse genuino. Ma ci sono alcuni segnali chiave che contraddistinguono questi sorrisi da quelli reali. Ad esempio, quando un sorriso è genuino, la parte carnosa dell’occhio tra il sopracciglio e la palpebra, si muove verso il basso e la fine delle sopracciglia scende leggermente.
Gli scienziati riescono a distinguere tra sorrisi genuini e falsi, utilizzando un sistema di codifica chiamato Facial Action Coding system ( FACS ), ideato dal professor Paul Ekman dell’Università della California e dal dottor Wallace V. Friesen della Università del Kentucky in seguito ai diversi anni di studi operati nel catalogare le espressioni facciali.
E voi, quanti sorrisi siete riusciti ad identificare correttamente?
Buon divertimento!
Per approfondire il tema:
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