Shock culturale. Di cosa si tratta?

shock-culturaleA chi è capitato di dover passare un lungo periodo all’estero, per i motivi più diversi, sarà probabilmente successo di sperimentare con il tempo dei cali di motivazione, un tono dell’umore più basso in relazione al confronto con una realtà culturale nuova a volte incomprensibile e magari anche di chiedersi “ma chi me l’ha fatto fare?”. Questo perché l’immersione in abitudini, stili di vita e valori culturali per noi “distanti” può rappresentare un vero e proprio shock. Possiamo pensare alla cultura come una sorta di mappa mentale invisibile e condivisa che guida l’azione delle persone secondo modelli che le portano a interagire con successo. Questi modi di pensare, percepire, giudicare e provare emozioni derivano da valori, percezioni e presupposti culturali trasmessi intergenerazionalmente che hanno lo scopo di fornirci dei punti di riferimento per ridurre la complessità del reale. Quando una persona viene immersa in una cultura diversa dalla propria deve fare i conti con un ambiente strutturato su un “software mentale” diverso. Questo implica per il nuovo arrivato l’apprendimento di un nuovo codice, partendo dalla ricostruzione dei significati delle parole, dei gesti e dei comportamenti più semplici. Spesso l’interazione iniziale con una cultura diversa è quindi difficile poiché porta con sé disorientamento, mancanza di punti di riferimento e senso di inadeguatezza. Tale situazione è stata denominata “culture shock”, ovvero “shock culturale” dall’antropologo Oberg durante uno studio sui missionari ed è definito come

uno stato di stress psicofisico sperimentato da un individuo improvvisamente immerso in un contesto culturale che non gli è familiare, con la conseguente perdita di riferimenti emotivi, cognitivi e pratici.”

Aspetti peculiari e “sintomi” dello shock culturale

Secondo Oberg chi sperimenta uno shock culturale reagisce alla frustrazione dapprima rifiutando e denigrando il nuovo ambiente (fase del rifiuto) e successivamente idealizzando la propria cultura (fase della regressione). Questo tipo di shock presenta come aspetti peculiari la tensione per lo sforzo verso l’adattamento psicologico, il senso di perdita e deprivazione, il rifiuto della nuova cultura o la sensazione di esserne rifiutato, il senso di confusione e i vissuti di impotenza. Vediamo ora quali sono i seguito i “sintomi” più comuni associati allo shock culturale:

  • Sensazione di smarrimento e confusione
  • Tristezza e senso di solitudine
  • Forte nostalgia di casa e delle proprie abitudini
  • Idealizzazione della propria cultura d’origine
  • Forte malinconia
  • Ripensamenti circa la decisione di espatrio
  • Sentimenti di impotenza anche di fronte a piccoli problemi
  • Diminuzione della capacità di sopportare la frustrazione
  • Eccessiva preoccupazione per gli standard sanitari
  • Rifiuto di imparare la lingua locale
  • Eccessiva preoccupazione per la propria salute e per i fattori igienici
  • Disturbi del sonno (insonnia o letargia)
  • Sensazione di insicurezza, vulnerabilità e pensieri paranoici circa le intenzioni altrui

Le fasi dell’adattamento

Oltre a indicare uno stato momentaneo, lo shock culturale è inteso anche come un processo di evoluzione che segue diverse fasi di adattamento a una cultura diversa. Tale processo è descritto nel modello della curva a W. curva-wInizialmente il nuovo arrivato è affascinato dalle novità ed eccitato dall’esplorazione di nuovi posti, persone e stili di vita (fase della luna di miele). Dopo qualche settimana tuttavia inizia a manifestarsi un senso di fastidio e ostilità verso il paese ospitante, dovuti alle difficoltà pratiche quotidianamente sperimentate. Questa fase di negoziazione con la nuova realtà è accompagnata da insoddisfazione, sfiducia e fraintendimenti linguistici ed è influenzata dalla distanza tra le due culture. La fase dell’adattamento inizia dopo circa sei-dodici mesi, quando la conoscenza della lingua è ormai sufficiente per scambi comunicativi soddisfacenti e l’espatriato è autonomo negli spostamenti e nella routine quotidiana. Questo equilibrio porta con sé integrazione, adattamento e un nuovo senso di appartenenza, accompagnati da un confronto più obiettivo tra vecchio e nuovo stile di vita. L’ultima fase prevede lo “shock da rientro” (anche detto “shock culturale inverso”), ovvero lo shock che una persona ormai adattatasi a vivere in un’altra cultura prova al rientro in patria e che comporta nostalgia e senso di perdita e spesso si manifesta con l’isolamento. Nonostante il modello della curva a W esponga un pattern abbastanza comune di reazioni, non va dimenticata l’esistenza di un’ampia variabilità individuale. Alcuni fattori sono risultati predittivi dell’insorgenza di culture shock, tra cui la distanza culturale tra i due paesi, il livello di pregiudizio dei locali, il grado di conoscenza della lingua, l’età, la personalità e il livello di istruzione dell’espatriato, le sue esperienze precedenti, la presenza di supporto familiare e la personale predisposizione al cambiamento. Sebbene il concetto di shock culturale sia molto utile per comprendere meglio il vissuto di chi decide di realizzare un progetto di vita in un paese culturalmente diverso, bisogna sottolineare che non sempre l’inserimento in una cultura “nuova” genera vissuti negativi. Inoltre, il flusso di informazione reso possibile dalle moderne tecnologie di comunicazione permette di iniziare il viaggio molto prima di prendere l’aereo, arrivando così un po’più preparati ad affrontare le sfide quotidiane nel paese di destinazione.

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