Cari genitori, vado a vivere da solo!

sindrome del nido vuotoRicordate il famosissimo film francese del 2001 “Tanguy”? Per chi non ne avesse memoria, il film descrive in maniera talmente accurata il fenomeno sociologico dei figli ormai adulti che non vogliono andare a vivere da soli, che in Francia la parola Tanguy è diventata sinonimo di “un adulto che vive ancora con i suoi genitori“.

E se è vero che questo accade sempre più spesso per svariati motivi, ovvero l’uscita dalla casa natia viene protratta ad interim da “giovani” quarantenni che non hanno alcuna intenzione di reclamare la propria indipendenza, è vero altrettanto che, quand’anche questa indipendenza viene reclamata e avviene la tanto agognata ora in cui si va a vivere lontano dai genitori, essa non sempre è priva di strascichi per i genitori stessi.

Capita allora di sperimentare una condizione di disagio e malessere che può assumere toni più o meno “gravi”: malinconia, solitudine, tristezza, ansia, senso di vuoto, depressione sono solo alcuni degli stati d’animo che possono manifestarsi dinnanzi all’allontanamento di casa dei figli. Un disagio sempre più diffuso che prende il nome di “Sindrome da nido vuoto”, con il quale sempre più coppie, spesso in età avanzata, si trovano a fare i conti.

Cos’è la sindrome del nido vuoto e come si manifesta?

In genere questo  particolare stato psicologico, si manifesta quando i figli si sposano o vanno a vivere da soli, anche se talvolta può accadere anche quando i figli, da bambini, iniziano ad andare a scuola, soprattutto se la madre non lavora e si ritrova quindi improvvisamente sola a casa. I dati statistici riportano che nelle famiglie italiane questo momento è posticipato di quasi un decennio rispetto al passato: infatti nella maggior parte dei casi i figli vanno a vivere autonomamente solo dopo i trent’anni, facendo coincidere così questo evento stressante con la menopausa vissuta dalle madri.

Le famiglie di solito rendono possibile e facilitano il processo fisiologico di uscita di casa dei figli, mentre ciò può risultare problematico nelle cosiddette famiglie invischiate: per esempio se la presenza del figlio in casa è ciò che consente di eludere il conflitto tra i genitori, allora l’abbandono del tetto da parte del figlio può provocare uno squilibrio che l’intera famiglia non è in grado di fronteggiare.
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Questo disturbo riguarda più gli uomini o le donne?

Ad essere colpite sono più le donne, ma anche  gli uomini. Per i genitori, per le mamme soprattutto, quando i figli escono di casa, significa ritrovarsi in una nuova fase della vita, ovvero di genitori di figli adulti, in una casa più silenziosa, svuotata del lavoro di cura e di accudimento ed è allora che può fare capolino la sensazione di sentirsi ormai inutili. Le madri sono maggiormente colpite dalla sindrome del nido vuoto, anche perché spesso si trovano in questa situazione durante fasi di forte stress, quali la menopausa o la cura dei genitori anziani, nelle quali bisogna fare i conti anche con i limiti e le difficoltà imposte dall’età, che rendono difficoltoso il percepirsi ancora come mogli e soprattutto compagne del proprio uomo.

Quali effetti può avere sulla relazione di coppia?

I partner, che per tantissimo tempo, si sono percepiti quasi esclusivamente come genitori, puntando l’attenzione sull’educazione, l’amorevole cura e sulla crescita dei figli, all’improvviso si trovano da soli con loro stessi e con la loro coppia, con dolorosi bilanci esistenziali, pochi progetti emozionali per il futuro ed una  coppia  che non si riconosce più. La nostra quotidianità, caratterizzata dal vortice degli impegni e di urgenze che si susseguono, lascia poco spazio e tempo ai partner  e  alla “comunicazione emozionale”, che lentamente si trasforma in “comunicazione di servizio”; la coppia si ritrova a parlare di cose concrete, di cose da fare sia per quanto riguarda loro stessi che  i loro figli , come la spesa e le bollette e, giorno dopo giorno, finisce per trasformarsi in una coppia di cari ed affettuosi abitanti della stessa casa, ma emozionalmente distanti e sconosciuti.

In che modo la coppia può affrontare e reagire a questo malessere?

Generalmente, se la relazione di coppia funziona, quello che viene consigliato alle coppie che restano nuovamente sole è di reinvestire energie emotive e fisiche nella relazione stessa: crearsi dei nuovi interessi, dedicarsi ad attività che a causa delle necessità dei figli sono sempre state rinviate, come viaggiare, iscriversi ad un corso di ballo, riscoprire l’intimità e le relazioni amicali, rappresentando per i figli un punto di riferimento certo, seppur distinto. E’ il momento di fare il punto della relazione, di riscoprirsi coppia, cercando di fissare degli obiettivi ed un percorso condiviso su cosa si vuole fare d’ora in avantiinsieme. E’ importante fare dei progetti, pensarsi ancora insieme, oltre il ruolo di genitori, come compagni. Divertirsi insieme proprio come quando non c’era la responsabilità dei figli non è necessariamente una cosa triste, ma anzi, se vissuto nel modo giusto, può rappresentare un nuovo inizio. E’utile ricominciare a dirigere le stesse attenzioni di cura e amore che si avevano verso i figli, verso la coppia e se stessi, ritrovando il piacere di prendersi cura di sé e di fare ciò che ci fa stare bene.

coppia anzianaE nel caso in cui  la relazione di coppia invece è già da tempo problematica?

In questi casi l’uscita di casa dei figli può funzionare da detonatore della conflittualità: se restare uniti poteva essere sensato in presenza dei figli, anche se adulti, è facile che si possa andare incontro all’eventualità di una separazione nel momento in cui i figli hanno lasciato il nido. In questo caso però incolpare l’indipendenza dai figli del fallimento della relazione è un meccanismo patologico e soprattutto improduttivo. Per affrontare l’eventuale rinegoziazione della relazione coniugale può essere utile pensare di intraprendere una psicoterapia di coppia, mentre in caso di separazione si può decidere di affrontare lo stress di questo evento attraverso un aiuto individuale.

Quali possono essere gli effetti, invece, nel rapporto con i figli?

Non per tutte le famiglie l’uscita di casa dei figli è traumatica, ma tutti i genitori devono affrontare alcune tappe nel rapporto con i figli, utili a ristabilire in modo sano gli equilibri. Per prima cosa è necessario riconoscere che i figli hanno una vita propria e che l’uscita di casa non coincide con l’interruzione dei legami con la famiglia, quanto piuttosto una riorganizzazione degli stessi: è necessario che si riesca ad instaurare un nuovo tipo di rapporto, più adulto e paritario tra genitori e figli, che porti a vedere ciascuna delle parti come individui autonomi ed indipendenti, con le proprie necessità, i propri pregi ed i propri difetti.

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