Sindrome di Otello e Stalking: il caso di Lucia e non solo.

lucia-annibali-femminicidio-stalkingTratto dall’articolo del Corriere del 9/09/2013:

«Il 18 settembre compio 36 anni e per me questo sarà anche l’anno zero. Sarò un’altra Lucia per tutta la vita, non posso continuare a nascondermi. Che vedano pure come mi hanno ridotta, non sono certo io che devo vergognarmi…»
(Lucia Annibali)

Non amo il termine femminicidio.
Il fenomeno è diffuso purtroppo, ma quest’etichetta ha qualcosa che non va.
Esiste l’omicidio. Esistono le aggressioni. Esistono i furti. Esistono le vittime e i carnefici.
Ed esistono le patologie.

Un fenomeno di questa portata non può essere limitato da un’etichetta che lo identifica solo come un contenitore di tragici eventi. Ci sono donne che sono vittime e uomini che sono malati.

In realtà, anche l’essere vittima ha in sé una dinamica del tutto particolare, ma anche il “cattivo” racchiude tutto il suo mondo in quel coltello, in quelle forbici, in quell’acido che non uccide ma forse fa di peggio: sfregia per tutta la vita. Ed ogni mattina sei lì, davanti al tuo specchio, a ricordare chi hai amato, con chi sei stata, con chi hai condiviso sorrisi e quelle litigate.
Oh, quelle sfuriate di gelosia!

All’inizio hanno anche un che di piacevole, ci fanno sentire desiderate, amate, importanti.
La paura di perdere l’altro è ciò che caratterizza tutti i rapporti d’amore ed è naturale che sia così. Ma quando la paura di perdere l’altro sconfina nella gelosia ossessiva e delirante, diventa una malattia.
Esiste, infatti, anche un altro tipo di amore: quello come ossessione.

E’ la sindrome di Otello, che nulla a che vedere con l’amore sano.
Il “malato di gelosia” è ossessionato dalla paura di perdere il/la partner e che questi lo tradisca.
Interpreta in modo delirante i comportamenti, le azioni e le parole del/la partner.
Sono delle vere e proprie escalation di comportamenti controllanti, pensieri paranoici e ossessivi e, purtroppo, di violenza.

Ciò che frequentemente si verifica è che le storie con questi uomini iniziano in modo assolutamente normale, anche se il senso del possesso non tarda a presentarsi.
E’ un gioco perverso di violenza mascherata da amore e di insicurezza mascherata da devozione.
Il geloso patologico carpisce i punti deboli della sua “amata vittima” e, come una goccina cinese, batte sempre e continuativamente sullo stesso punto. Diventa un labirinto senza fine, in cui al primo schiaffo ne seguono altri.

“E cosa c’è di così difficile nel lasciare un uomo così ?!” vi starete chiedendo.
Non è lo schiaffo che crea difficoltà, non sono le botte e non sono gli insulti. Sono le suppliche, i regali, i complimenti, i tentativi disperati di recuperare e fare pace, le promesse di non rifarlo più.
E invece lo schiaffo ritorna insieme alle minacce.

Cosa può succedere, purtroppo, se a questi soprusi si dice basta?

Ciò che caratterizza questi uomini è l’arte della manipolazione.
Inizialmente convincono la partner che cambieranno perchè senza di lei non vale la pena vivere.
La loro vittima si sente in gabbia, ha paura di andare al lavoro, di uscire con le amiche, di rispondere al telefono.
Quando si dice “basta”, l’incubo può diventare maggiore. L’ossessione, il senso del possesso, l’aggressività fanno da padroni.
Non c’è il rispetto della vita dell’altro e della sua privacy, tanto da risultare disturbanti a causa delle infinite telefonate, appostamenti, sms, regali.
I comportamenti di questo tipo reiterati nel tempo hanno un nome: stalking.

Adesso finalmente lo stalking è un reato, ma non sempre si agisce in tempo. E se non ne segue un omicidio, ne può seguire qualcosa di ugualmente grave, come è accaduto a Lucia.

 

Scritto da Valentina Costanzo.

 

Per approfondire il tema:

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