E’ di qualche giorno fa la notizia che ha fatto tanto scalpore nelle famiglie italiane, scatenando dibattiti e paure, ovvero il rilascio sul sito dell’Agenzia delle Entrate del famigerato Redditest.
I dati immessi e il risultato ottenuto (semaforo rosso o verde) sono del tutto anonimi e restano (almeno così si dice) solo sul computer sul quale lo si scarica e non vengono in alcun modo trasmessi all’esterno.
Dunque, se è vero che si tratta solo di un software di “autovalutazione”, senza nessun valore “legale” e senza nessun dato trasmesso all’Agenzia delle Entrate, quale utilità ha? Perchè rilasciare al pubblico questo strumento?
La risposta è semplice. Il Redditest ha funzione di ordine prettamente psicologico con alcuni obiettivi principali:
- “Essere un software innovativo e utile per il cittadino, attraverso la sua importante azione preventiva e informativa” (Befera)
- Far acquisire al contribuente “consapevolezza” sulla sua posizione rispetto al fisco in termini di “coerenza” tra ciò che guadagna (= dichiara) e ciò che spende.
- Vedendosi incongruente (= semaforo rosso), il contribuente sarebbe stimolato a dichiarare di più, aumentando la “tax compliance” (= adesione spontanea agli obblighi fiscali)
Questo almeno è ciò che si prefigge l’Agenzia delle Entrate col suo rilascio. Di base l’idea è lodevole, anche se lo strumento è certamente ancora molto da migliorare e da più parti sono già fioccate innumerevoli critiche:
- E’ un test impreciso, ancora troppo da perfezionare, che ad oggi può creare allarme ingiustificato ed eccessivo anche in chi ha adempiuto correttamente ai propri doveri fiscali
- Aumenta lo “stress da fisco”, già fortemente presente dopo la campagna pubblicitaria anti-evasione: anche il cittadino onesto teme di risultare incongruente e di non riuscire a dimostrare la sua correttezza.
- “Induce terrorismo psicologico, che rischia di scoraggiare le spese in periodo di recessione” (Berlusconi)
E intanto, l’ansia da fisco impazza, aggravando lo stato di stress che i consumatori, già provati dalla recessione, subiscono sempre più in questo difficile periodo prenatalizio. A novembre 2012 l’indice del clima di fiducia dei consumatori è diminuito da 86,2 a 84,8 (Fonte: Istat).
Fa sorridere (ma è un sorriso amaro) accendere la tv e ascoltare il direttore dell’Agenzia delle Entrate Befera
parlare nei vari talkshow di “Tax Compliance” come obiettivo principale del Redditest. In ambito medico la “compliance” di un paziente, a volte difficile da conquistare e strettamente dipendente dalla fiducia che ha nel medico curante, è data dalla sua adesione alla terapia, che spesso può essere tutto tranne che piacevole. E in effetti, anche in questo caso si parla in fondo di assumere una “medicina amara”, anche se più che della salute personale, qui si sta parlando della “salute” del Paese.
Al di là delle migliorie che possono essere fatte al Redditest, un dubbio resta nella mente di tutti: al di là dell’autovalutazione de Redditest per aumentare la tax compliance, del Grande Fratello fiscale che spia e persegue chi evade, del redditometro e degli strumenti messi fino ad ora a disposizione del cittadino e dell’Agenzia delle Entrate, sarebbe possibile fare altro? Cosa viene fatto nel mondo per contrastare l’evasione fiscale? ma soprattutto, cosa funziona e cosa no?
In Brasile e’ possibile scaricare qualsiasi cosa, dal caffe’ alla tecnologia: in pratica, ogni cittadino si registra ad un programma che per i negozianti e’ obbligatorio e per ogni acquisto si comunica il proprio codice fiscale al commerciante il quale, automaticamente, all’atto stesso dell’acquisto, manda “lo scontrino virtuale” all’Agenzia delle Entrate. Il risultato e’ che il cliente ogni anno potra’ “scaricare” il 30% dell’ICMS – una sorta di IVA brasiliana – e ricevere i soldi attraverso un bonifico direttamente sul conto corrente. Diego Corradi, docente di diritto commerciale alla Bocconi ha dichiarato che con tale sistema “si potrebbe raccogliere in Italia un gettito aggiuntivo di circa 1,5 miliardi di euro.”
In Cina, e piu’ precisamente in citta’ come Pechino, Shangai e Tianjin, si emettono scontrini “gratta e vinci” che possono far vincere al consumatore da pochi spiccioli a centinaia di Yuan.
Si e’ aumentato cosi’ il gettito fiscale di circa il 10% e nuove strategie governative stanno creando ulteriori simili sistemi per poter aumentare il gettito tributario.
Nell’isola di Taiwan, gli scontrini-lotteria sono attivi sin dal 1960 e permettevano di guadagnare anche grosse cifre di dollari USA. In America, come si sa, non si scherza sull’evasione: i contribuenti americani hanno addirittura terrore del fisco e ci pensano dieci volte prima di evadere e non pagare le tasse.
Qui l’evasione scoperta e’ del 94%, mentre in Inghilterra si arriva ad un modesto 91%. (Fonte: Gabriele Sannino)
In Grecia, una proposta drastica di qualche giorno fa è stata quella di permettere al cittadino di non pagare il servizio che gli è stato erogato se l’esercente non emette scontrino o fattura.
Si può essere più o meno d’accordo e additarlo come un provvedimento “propaganda”, ma quel che emerge è che l’evasione e la crisi non sono cosa solo italiana, ma aimè colpiscono tutti i Paesi indistintamente. Ciò che fa la differenza è il “come”. E se è vero che in alcuni stati la lotta all’evasione funziona, viene da chiedersi perchè nel Bel Paese non possa essere altrettanto.
Una domanda ingenua sorge dunque spontanea: non si potrebbe imparare da chi ha già ottenuto ottimi risultati, cercando di adattare i modelli esteri al nostro Paese, anzichè inventarci un modello italiano che da sempre fa acqua da ogni parte, evitando così di far cadere inutilmente nel panico le famiglie già provate dalla recessione, con strumenti che in soldoni servono a ben poco come il famigerato Redditest?
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