I “terribili due anni”, o “terrible twos” in inglese, sono una fase di crescita del tutto normale, rientrano, infatti, tra le tappe evolutive obbligate che conducono all’indipendenza, e coincidono con un’importante presa di coscienza del bambino, ovvero egli scopre di essere un individuo separato dalla madre e di avere una personalità e desideri propri.
Sono quel periodo dei NO che i bambini attraversano tra i 18 mesi e i 3 anni, in cui diventano testardi e capricciosi, manifestano spesso crisi e pianti inconsolabili, che noi genitori tendiamo a volte a leggere come “lotte di potere”, ma che in realtà sono solo l’espressione del passaggio evolutivo che stanno compiendo.
Essa rappresenta la prima importantissima fase di distacco dal caregiver, ovvero dalla figura che finora si è presa cura del bambino e con la quale egli ha stabilito una relazione di attaccamento.
Perché succede?
Di fatto, i NO rappresentano l’unico strumento a sua disposizione per affermare che è una persona diversa da mamma o papà – non stupiamoci, quindi, se ne farà un uso esagerato! -, per provare la sua libertà e per dimostrare la sua autonomia, entrambe appena scoperte.
Attraverso loro, il bambino sta affermando il suo desiderio di indipendenza: intorno ai due anni, egli inizia ad affermare la propria personalità; lui stesso è però incerto del suo nuovo modo di essere e di vivere le emozioni, pertanto tende a ritorna al nido e alla relazione esclusiva per riconquistare sicurezza nella esplorazione del mondo e di se stesso.
Per questi motivi i NO racchiudono e simboleggiano anche le paure e le insicurezze, il fatto avventurarsi in un mondo sconosciuto, lo fa oscillare tra il desiderio fortissimo di esplorare e la paura di non sapere quello che troverà, quindi attraverso loro egli esprime entrambi questi vissuti, “sto crescendo, voglio fare da solo” e “ho ancora bisogno della tua guida e della tua vicinanza”.
Inoltre, molto spesso i bambini a quest’età non capiscono ancora cosa desiderano o non sanno esprimere i loro bisogni, tendono ad agirli anziché verbalizzarli, di conseguenza quando non sono compresi, si stizziscono e si arrabbiano.
Le reazioni esagerate e i capricci che caratterizzano i terribili due anni, non hanno quindi lo scopo di far arrabbiare noi genitori: il bambino sta scoprendo solo ora che non tutto procede come desidera e, giustamente, ciò produce in lui delle emozioni che ancora fatica a controllare. Questa fase è come un’importante palestra in cui si allena per imparare a gestire la frustrazione e controllare la rabbia, impiegherà quindi del tempo per imparare a padroneggiarle, in questo dobbiamo mostrarci pazienti e non avere fretta.
Talvolta noi genitori non sappiamo come comportarsi nei confronti del bambino che passa attraverso i “terribili due anni” e, di conseguenza, alcuni di noi assumono atteggiamenti troppo rigidi, altri ripongono eccessive attese nei confronti del comportamento del bambino.
Che cosa fare per “sopravvivere” ai terribili due anni?
Per sopravvivere a questa fase, importante certo per la crescita del bambino, ma faticosa per noi genitori, è necessario conoscere cosa sta realmente accadendo a nostro figlio e seguire alcune indicazioni pratiche.
Non possiamo sommergere nostro figlio di divieti, altrimenti lo confondiamo. Se tutto ciò che fa, è seguito da un NO, nessuno di questi sarà importante, non imparerà a distinguere ciò che è davvero imprescindibile da ciò che è meno rilevante.
Inoltre, se il bambino è continuamente bloccato o limitato, si sentirà frustrato e tenderà o ad aderire per obbligo ma senza introiettare la regola, o a disapprovarla con comportamenti oppositivi.
È preferibile quindi selezionare solo poche cose che non può fare, quelle davvero essenziali, e mantenerle sempre anche quando si creano dei conflitti. Su queste, va, infatti, detto un NO fermo, deciso, asciutto. In quest’ambito rientrano anche le regole che riguardano la sicurezza (giocare con le prese elettriche, viaggiare in auto sul seggiolino, non arrampicarsi) e quelle relative agli impegni della giornata (andare al nido, fare il bagnetto, andare a nanna).
Negli altri casi, quando dobbiamo rispondere negativamente ad una sua richiesta, possiamo usare affermazioni del tipo “mi dispiace, ma non è possibile”, fornendo anche un perché, che sia ovviamente legato al grado di comprensione di quest’età.
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Parlare di emozioni
Spesso un NO è la manifestazione dell’incapacità di comunicare sensazioni e vissuti. Un bambino di due anni, infatti, non ha ancora imparato ad esprimere a parole le proprie emozioni. Per questo, noi genitori dovremmo fungere da “cassa di risonanza” e tradurre ciò che nostro figlio non è in grado di comunicare, dando un nome ad esempio alla rabbia, alla paura, alla delusione. In questo modo, imparerà a riconoscerle e, gradualmente, anche a gestirle.
Inoltre, il bambino non solo ha bisogno di comprendere il proprio mondo interiore, ma anche di sapere che i suoi comportamenti hanno un impatto emotivo sugli altri. Nel fare questo, è importante disapprovare i suoi comportamenti e non lui, evitiamo quindi di dire a nostro figlio “sei cattivo!”, ancora meglio cerchiamo di incoraggiare i comportamenti positivi, piuttosto che ammonire o punire.
Infine, se si comporta male, è opportuno insegnarli il valore del chiedere “scusa”. Se non riesce a parole, può farlo anche con un abbraccio, un bacino, una stretta di mano, una carezza, tutti gesti che molto spesso sciolgono la tensione accumulata e lo fanno sentire compreso e rassicurato.
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Fornire due alternative
I bambini devono imparare a scegliere, per questo motivo è importante offrire loro sempre due alternative valide per noi genitori, ad esempio “vuoi fare il bagno o preferisci la doccia?”, così facendo eviteremo i continui NO e stimoleremo la presa di decisione autonome e la cooperazione.
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Lasciare tempo e spazio per esplorare e crescere
Continuare a bloccare la sua esplorazione per il mondo o le sue attività con continui divieti, avrà come unico effetto quello di innervosire nostro figlio e aumentare la sua frustrazione. Nei limiti della sua sicurezza, lasciamolo invece libero di sperimentare, cercando anche di non riporre troppe aspettative nei suoi confronti. Come diceva Maria Montessori, riferendosi al ruolo dell’insegnante, è importante che l’adulto
guidi il bambino, senza lasciargli sentire troppo la sua presenza, così che possa sempre essere pronto a fornire l’aiuto desiderato, ma senza mai essere l’ostacolo tra il bambino e la sua esperienza.
Solo se si sentirà libero di scegliere, farà le cose giuste al momento giusto, si muoverà, parlerà, socializzerà quando si sentirà pronto per farlo. Il nostro compito è quello di creare le condizioni più stimolanti, di prenderci cura di lui, di accompagnandolo nel processo di crescita, dando il tempo necessario per esplorare, per capire, senza sostituirci a lui.
Tuo figlio fa spesso i capricci? Raccontaci la tua storia.
Per un approfondimento:
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[…] 1) Tutti i genitori hanno sperimentato un’impennata nei capricci dei figli verso i due anni: sono i “terrible two”, durante i quali il piccolo sperimenta i propri limiti, esprime il suo desiderio d’indipendenza e, allo stesso tempo, comunica tutte le sue insicurezze. http://spazio-psicologia.com/psicologia-2/essere-genitori/terribili-due-anni-capricci-e-crisi-di-pia… […]