La dislessia evolutiva, come ho già accennato in un precedente articolo, fa parte della categoria dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento e nello specifico si tratta di un disturbo specifico della lettura.
Il disturbo interessa la decodifica della lettura nelle sue componenti di velocità e accuratezza: la lettura è più lenta e/o meno corretta delle aspettative, in base all’età o alla classe frequentata.
Rimando ancora al mio precedete articolo per quanto riguarda gli indicatori, mentre vorrei adesso soffermarmi a spiegare il percorso diagnostico e riabilitativo della dislessia.
Cosa possono fare i genitori quando sospettano che il figlio sia dislessico?
Innanzitutto non serve a niente allarmarsi, la dislessia non è una malattia ma una caratteristica della persona, se riconosciuta precocemente e trattata tempestivamente, non creerà alcun disagio particolare a vostro figlio.
Iniziate monitorando le difficoltà nell’ambito della lettura di vostro figlio, se alla fine della seconda elementare tali difficoltà permangono, sarà opportuno effettuare un percorso diagnostico mirato.
È essenziale che la diagnosi della dislessia evolutiva sia il risultato di un lavoro multidisciplinare tra:
- Psicologo
- Neuropsichiatria Infantile
- Logopedista.
La diagnosi deve infatti riguardare, oltre all’apprendimento in senso stretto, anche capacità cognitive quali il livello intellettivo, la memoria, il linguaggio, le abilità prassiche e spaziali.
È importante innanzitutto escludere, con mezzi oggettivi, deficit sensoriali e neurologici (soprattutto a carico di vista e udito), cognitivi ed emotivo-relazionali.
INFATTI…
Nei bambini dislessici non esiste una correlazione diretta tra lettura e abilità cognitive: ecco perché una persona che ha difficoltà di letturapuò allo stesso tempo avere un’intelligenza brillante.
E ANCORA…
Una diagnosi precoce incrementa significativamente le possibilità di recupero, soprattutto se seguita da un intervento tempestivo mirato all’interno della Scuola, con l’attivazione di un insegnamento rispettoso dei ritmi e delle modalità di apprendimento dei singoli alunni e di un sistema di valutazione che tenga conto delle diverse prestazioni.
In questo modo non si limitano ulteriormente le opportunità di apprendimento del bambino e si prevengono le ripercussioni a livello motivazionale ed emotivo.
Principali fasi della valutazione di Dislessia
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Colloquio con i genitori: raccolta anamnesi personale e familiare, comprensione del clima familiare in relazione alle difficoltà del bambino.
- Colloquio con il bambino: comprensione dei vissuti del bambino rispetto alle sue difficoltà, osservazione delle sue capacità socio-relazionali e del suo comportamento (es. eventuale iperattività).
- Somministrazione di prove diagnostiche di 1° livello: test di livello cognitivo generale (test intellettivi) e di valutazione dello stato degli apprendimenti scolastici.
- Somministrazione prove di approfondimento (diagnosi di 2° livello): test per la qualifica funzionale delle difficoltà di apprendimento scolastico, per la valutazione di funzioni neuropsicologiche specifiche (es. memoria, attenzione, prassie, ecc.), per l’indagine degli aspetti di ordine emotivo e motivazionale.
- Colloquio di “restituzione” ai genitori: esplicitazione e discussione della diagnosi e del profilo funzionale del disturbo, spiegazione del piano di intervento coi genitori e con il bambino.
Cosa fare dopo la diagnosi?
Se il bambino è al primo o secondo anno della scuola elementare si consiglia generalmente una terapia logopedica, puntando l’attenzione sulla capacità metafonologica.
Nelle fasi successive (a partire dal terzo anno della scuola elementare e quindi a diagnosi conclamata) invece, è consigliato un intervento riabilitativo di tipo metacognitivo e sublessicale effettuato da uno psicologo esperto. Lo psicologo poi redigerà una lista di strumenti compensativi e dispensativi idonei e aiuterà il bambino, i genitori e gli insegnanti a imparare a utilizzarli nel modo più sereno possibile.
Ricordate che i dislessici hanno un diverso modo di imparare, ma possono imparare!
L’ambiente, soprattutto quello familiare e scolastico, deve appoggiare il bambino aiutandolo nell’utilizzo delle strategie di compenso e soprattutto nella costruzione di una immagine positiva di sé.
Cosa possono fare i genitori?
- Informarsi sul problema.
- Cercare una appropriata valutazione diagnostica.
- Discutere del problema con gli insegnanti.
- Aiutarlo nelle attività scolastiche (leggergli ad alta voce, aiutarlo nell’utilizzo degli aiuti compensativi quali sintesi vocale, audio-libri, CD ecc.).
Cosa possono fare gli insegnanti?
- Accogliere realmente la “diversità”, studiarla, comunicare serenamente con il bambino e dimostrargli comprensione e voglia di aiutarlo.
- Parlarne alla classe e non nascondere il problema (ad esempio si può chiedere a ogni bambino della classe di esporre ai compagni una propria difficoltà).
- Spiegare alla classe il perché del diverso trattamento che viene riservato in varie occasioni ai dislessici (più tempo per i compiti, verifiche più brevi, interrogazioni programmate…).
- Utilizzare le risorse dei compagni di classe assegnando ad esempio un “tutor” al bambino dislessico che lo aiuti affiancandolo nelle attività per lui più complesse.
Per concludere
Una diagnosi tempestiva incrementa significativamente le possibilità di recupero, soprattutto se seguita da un intervento mirato all’interno della scuola con l’attivazione di un insegnamento rispettoso dei ritmi e delle modalità di apprendimento dei singoli e di un sistema di valutazione che tenga conto delle diverse prestazioni.
Per un approfondimento:
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